05_Abbecedario

Abbecedario comes from Abc and is a book used by school kids in the past. In general, it means alphabet, a list of letters or words as an approach to any language. I want to build together a virtual Abbecedario: during each episode we will focus on a word, a concept. This will be for us the starting point to explore together the Italian language and especially Italian literature. Today, discover with me 6 curiosities about words and languages. Buon ascolto!

 

Trascrizione:

Ciao a tutti e bentornati a Pensieri & Parole.
Oggi parliamo di: abbecedari, lingue e curiosità.

Ora, abbecedario: avete già sentito questa parola? Pensateci, ascoltate il suono: a-bbe-ce-dario, che cosa significa? Come potete immaginare, la parola abbecedario arriva dalle prime lettere dell’alfabeto: a, b, c, d. Abbecedario. L’abbecedario era un libro, un piccolo libro, un libricino per imparare a leggere e scrivere secondo il metodo sillabico, quindi dell’abc.

Perché ho scelto questa parola per oggi? Perché voglio usare questa parola, quest’ immagine, come riferimento per le prossime puntate del nostro podcast. Ogni puntata, infatti, sarà dedicata a una parola, un concetto, un’idea. Ad esempio: A come Amore e amicizia, B come bellezza,  C come caffè, eccetera eccetera. Dalla parola di partenza, ogni settimana, racconterò fatti o curiosità legate alla lingua e la cultura italiane; in questo modo possiamo così costruire un abbecedario insieme, virtuale e vocale.

Parliamo di oggi: voglio dedicare l’appuntamento di oggi alla lingua e alle parole. Un abbecedario, infatti, è una raccolta di parole importanti e basiche, quelle che impariamo a scuola nei primi anni di vita. Ho raccolto alcune curiosità, quindi, sulle lingue, le parole del mondo e mi piacerebbe condividere con voi queste informazioni oggi. Sono dei fatti che io ho trovato curiosi e interessanti. Siete pronti? Andiamo, via!

Numero 1

Tutti sappiamo che la lingua italiana non è semplice. Ormai questo è riconosciuto da tutti, soprattutto dalle persone che studiano l’italiano. Forse però non tutti sanno che esiste un fenomeno che si chiama “enantiosemia”, è un fenomeno linguistico e questo nome un po’ difficile, enantiosemia, arriva dal greco. “Enantios” significa, infatti, ”contrario” e “semia” significa segno. Enantiosemia è il gruppo delle parole che indicano una cosa e il suo esatto contrario, quindi delle parole che significano due cose esattamente opposte.
Ma perché queste parole significano due cose opposte? Probabilmente questa polisemia, quindi più significati nella stessa parola, è dovuta all’evoluzione storica di questi vocaboli.

Voglio farvi alcuni esempi interessanti nella lingua italiana:

  • la parola “tirare” in italiano significa sia “lanciare via”, quindi scagliare (ad esempio tirare una palla), oppure “attrarre a se” (ad esempio: tirare una corda). Quindi quando tiriamo un oggetto verso di noi e anche quando lo allontaniamo.
  • la parola “ospite” è interessante perché la parola “ospite” significa sia “chi ospita” e sia “chi ha ospitato”, indica la persona che riceve qualcuno in casa, ma anche la persona che è ricevuta.
  • una “storia” e sia “un racconto inventato” (ad esempio la storia di Biancaneve), sia una “storia reale” (ad esempio la storia della Prima Guerra Mondiale).
  • affittare” in italiano significa sia “dare in affitto” (esempio: affitto la mia casa a un amico), sia “prendere in affitto” (ad esempio: ho affittato una casa al mare per le vacanze).
  • un’ultima, un ultimo esempio può essere la parola “pauroso”. “Pauroso” è sia una cosa che “fa paura” (esempio: ho visto un film pauroso), sia “una persona che prova paura” (ad esempio: Camilla è una persona molto paurosa).

Numero 2

Quante lingue si parlano al mondo?
Non posso oggi darvi un numero preciso perché questi calcoli non sono proprio esatti, ma possiamo parlare di 7097 lingue più o meno, che sono parlate oggi. Questo numero è in continuo cambiamento. Primo, perché impariamo di nuove lingue ogni giorno, quindi alcune lingue non sono ancora conosciute, e anche perché le lingue stesse sono in cambiamento. Ci sono lingue che cambiano, lingue che scompaiono, nuove lingue che nascono, però possiamo parlare approssimativamente di un numero: di questo numero 7 mila lingue che sono parlate oggi. Ma, è interessante sapere che il 75% degli abitanti del mondo parla più di una lingua e la Bibbia, il libro più tradotto al mondo, è disponibile in 2454 lingue.

Numero 3

C’è una lingua in Messico che si chiama ayapaneco, non so se ho pronunciato bene, comunque questa lingua rischia di scomparire: è solo parlata oggi da un piccolo gruppo di persone. Un linguista, Jonathan Ranger, stima che ci siano più o meno 15 parlanti, 15 persone che parlano ancora questa lingua. Però, in generale, possiamo parlare di almeno 2400 lingue che sono classificate come in pericolo, cioè che rischiano di scomparire, perché i parlanti sono meno di 1000 persone.

Numero 4

Sulle isole Canarie, in particolare alla Gomena, si parla una lingua chiamata “silbo gomero” costituita da quattro consonanti, altrettante vocali; quindi, quattro consonanti, quattro vocali e più di 400 vocaboli, parole, articolate esclusivamente con i fischi. Sapete che cos’è un fischio? Un fischio è questo.
Gli abitanti di quest’isola in particolare, che in particolare sono pastori, usano questo linguaggio perché devono parlarsi a grande distanza; per rendere il fischio più forte, mettono una, due o tre dita in bocca e usano le mani come megafono. Ci sono regole grammaticali e fonetiche precise e queste permettono di sviluppare veri e propri discorsi; è così forte che possiamo udirlo, ascoltarlo fino a 5 km di distanza. È stato inventato dagli aborigeni guanci che usavano questo linguaggio per comunicare tra le grandi valli che vedono l’isola. È stato poi adottato successivamente dai colonizzatori spagnoli, è stato usato per secoli e poi è iniziato, ha iniziato a scomparire nel corso del 1900. Poi dal 1990 il governo delle Canarie ha iniziato dei progetti per inserire questa lingua nelle scuole.

Numero 5

E le lingue artificiali? Beh forse conoscete l‘esperanto. L’esperanto è una lingua artificiale e parlata da un numero di persone che varia dai 500 mila e due milioni. È stata usata in due film girati fra il 1964 e il 1965. Questa lingua è stata sviluppata fra il 1872 e il 1887 da un polacco di origini ebraiche: Ludwik Zamenhof, non so se ho pronunciato bene, forse gli ascoltatori polacchi possono mandarmi un messaggio e correggermi, in caso.
Possiamo oggi contare fino a 2 milioni di persone a livello mondiale che parlano o capiscono l’esperanto in diverso grado, includendo circa 1000, da 1000 a 2000 persone, che sono nate come parlanti nativi, quindi che parlano esperanto dalla nascita. Questo è molto interessante, pensate a questa questo fatto: l’idea di creare una lingua, creare una lingua da zero, e creare delle persone che utilizzano questa lingua in un modo materno, la lingua madre; è molto interessante.

Qual è il paese in cui sono parlate più lingue?

L’India ha più lingue ufficiali di qualsiasi altro paese del mondo, sono 22. In ogni caso, è importante notare che queste lingue non sono ufficiali a livello nazionale, ma sono ufficiali a livello regionale. Se invece parliamo di lingue ufficiali nazionali, allora lo Zimbabwe ha 16 lingue ufficiali, più di qualsiasi altra nazione. La lingua più isolata del mondo, nel senso che l’unica lingua sulla terra che non è direttamente collegata nessun’altra, è la lingua Basca che viene parlata nelle regioni di confine tra la Spagna e la Francia.

Ultimo fatto curioso

Ci sono anche le lingue di fantasia. Il caso forse più famoso è quello del popolo Klingon, il popolo guerriero di Star Trek. Questa è una lingua artificiale inventata da un linguista che voleva dare credibilità al film, alla serie televisiva. Non è l’unico, ci sono altri casi di lingua artificiale nella letteratura, nel cinema e nella televisione. Forse conoscete, ad esempio, Arancia Meccanica di Stanley Kubrick: i protagonisti del film parlano una lingua inventata mixando inglese e russo. Oppure, un altro caso celeberrimo che tutti noi conosciamo, è il caso di Tolkien, il creatore della saga del Signore degli Anelli. Prima di diventare celebre come scrittore, Tolkien era un filologo. Per i suoi romanzi pensate che ha creato la grammatica e il vocabolario dell’elfico e di altre 10 lingue.

Le curiosità di oggi finiscono qui, spero che siano state interessanti per voi. Torniamo la settimana prossima con la prima lettera dell’alfabeto, la lettera A. Se nel frattempo tempo volete sentire qualcosa di particolare nel podcast, volete farmi una domanda particolare, oppure vi piacerebbe esplorare dei temi particolari, potete semplicemente contattarmi, mandandomi un’email, visitando il mio sito oppure la mia pagina Facebook. italiano Vi ringrazio ancora per l’attenzione e per l’ascolto e vi auguro una buonissima settimana

 

Fonti e link utili:

04_Il Latino

What’s the connection between Italian and Latin? Do dialects come from Early Italian or Latin? Is it useful to study Latin? Listen to this week’s episode and discover with me why Latin is still important and alive!

Trascrizione:

Ciao a tutti e ben ritrovati per il nostro appuntamento settimanale. Io sono Linda e oggi voglio parlarvi di latino. Ma non preoccupatevi, non voglio fare una lezione scolastica, non voglio fare una lezione di grammatica latina, ma voglio semplicemente condividere con voi e provare a rispondere ad alcune domande che sento spesso da persone che stanno studiando l’italiano. Prima però iniziamo con alcuni proverbi latini che sono ancora usati nella lingua italiana, quindi al giorno d’oggi noi ancora usiamo sia parole latine sia veri e propri motti, proverbi e questi, che ho selezionato per voi, sono alcuni dei proverbi più efficaci, secondo me, e anche più usati.

1 Carpe Diem

Forse avete già sentito questo proverbio e non so se è presente anche nella vostra lingua, ma Carpe Diem significa: cogli l’attimo, prendi l’attimo. Invita a godersi il momento nella vita.

numero 2.
Verba volant, scripta manent
che significa: le parole volano ma ciò che è scritto rimane. Questo è un proverbio che di solito serve a indicare l’importanza della scrittura, l’importanza in questo caso ad esempio della letteratura che noi amiamo tanto.

numero 3
repetita iuvant
questo motto latino significa: ripetere è utile ed è particolarmente importante per chi sta imparando una nuova lingua. Quindi “repetita iuvant”: ripetere aiuta.

mens sana in corpore sano
detto forse conosciuto e significa semplicemente: mente sana in corpo sano.

Ultima: De gustibus non disputandum est
letteralmente significa: sui gusti non si discute. Io uso spesso questo proverbio, in particolare perché ho vissuto per molti anni all’estero. Attualmente ad esempio sono in Brasile e spesso qui in Brasile mi capita di vedere persone che mettono il ketchup sulla pizza (!!!) e la mia risposta, dopo un’espressione un po’ di disgusto, è sempre questa: de gustibus… Spesso noi italiani non finiamo la frase, quindi diciamo semplicemente “De gustibus” ad indicare però: De gustibus non disputandum est. Quindi pazienza, non posso discutere sui gusti degli altri. Un piccolo esempio per farvi capire il significato di questo proverbio.

Bene, ora rispondiamo ad alcune domande.

Prima domanda: Qual è il rapporto di latino e italiano?

Possiamo rispondere a questa domanda con il contributo di un grande linguista che si chiama Bruno Migliorini che ha cercato di rispondere a questo dubbio in una delle conversazioni radiofoniche che ha pubblicato nel 1949. Lui, per descrivere il rapporto fra latino e italiano, parla di continuità. Usa questa parola: continuità. E dice: immaginiamo di essere in un villaggio in Toscana e immaginiamo di poter ascoltare di generazione in generazione, di secolo in secolo, la lingua che si parla in questo piccolo villaggio. Dall’età Romana, cioè da quando è scomparso l’ultimo vecchio che parlava Etrusco, fino a oggi possiamo immaginare che di padre in figlio, quindi di generazione in generazione, ci sono stati mutamenti leggeri, molto lievi. Sì, forse qualche suono è cambiato, un certo numero di parole forse sono state sostituite da altre, altre sono arrivate, quindi sono arrivate parole nuove, ma insomma, se guardiamo passo dopo passo questo questo cambiamento di generazione non c’è stato un momento in cui le persone hanno iniziato, hanno smesso di parlare una lingua e hanno iniziato a parlarne un’altra. Quindi possiamo parlare di continuità, la lingua è cambiata gradualmente, non è mai, non c’è mai stato un cambio scioccante, un cambio molto veloce.

Per la lingua scritta però è diverso: il più antico documento di italiano volgare è un documento che è conservato nell’abbazia di Montecassino ed è un documento del 960. In questo documento è chiarissimo o chiarissima la differenza tra latino e italiano. Tutto il documento, infatti, è scritto in latino tranne una sola formula italiana ripetuta quattro volte. Questa formula italiana è la testimonianza di un uomo che durante il processo interviene. Da questo documento si vede che i testimoni parlavano volgare mentre la scrittura ufficiale della lingua ufficiale, della scrittura, era appunto il latino. Questa è la più antica testimonianza di italiano scritto. Migliorini, sempre in questo caso, analizza il documento e fa notare che c’è una distinzione molto grande quindi: vediamo che c’è latino e vediamo il volgare; si vede chiaramente questa distinzione. Possiamo quindi ritornare alla metafora di prima, immaginare lo stesso villaggio, e vedere come di secolo in secolo la lingua che le persone parlano cambia, a poco a poco, mentre la lingua della scrittura non cambia. Quindi, nella lingua parlata il latino si è trasformato in italiano piano piano, ma per le scritture tutto è congelato; è come se tutto rimanesse cristallizzato nel tempo.

L’altra domanda che spesso sento spesso è: i dialetti, i dialetti arrivano dal latino o dall’italiano? i dialetti sono mutazioni del latino o dell’italiano?

Bene, i dialetti nascono dalla trasformazione del latino parlato non dell’italiano. Come noi sappiamo, e come abbiamo visto negli episodi precedenti, fra questi dialetti, fra queste lingue, uno si è imposto: il dialetto toscano che si è lentamente trasformato nell’italiano moderno.

Anche qui Migliorini fa una similitudine e possiamo pensare a una foresta. Quindi: immaginate una foresta in cui per alcuni secoli ci sono centinaia di piante che hanno la stessa specie, ma hanno una varietà diversa, che si riproducono spontaneamente. Una foresta, molte piante, stessa specie ma varietà ,diverse varietà, diversi colori, diverse forme che si riproducono in modo naturale.
Supponiamo adesso che, in un certo momento, arriva un un arboricoltore: una persona che pota le piante. Questa, questo uomo, sceglie la varietà più pregiata, la varietà che preferisce e inizia ad innestare questa varietà con altre piante: è quello che un po’ successo con il fiorentino che è stato scelto lingua privilegiata ma poi ha preso molte parole dagli altri, dalle altre, gli altri dialetti d’Italia. È questo che è successo quando Dante, Petrarca e Boccaccio hanno preso il fiorentino nel 1300, lo hanno eletto, elevato a illustre e nel frattempo però hanno usato altre parole che venivano prese da dialetti contemporanei, ma non di Firenze. Infatti, ancora oggi possiamo vedere nell’italiano parole che non arrivano dal dal Fiorentino, ma che arrivano da contributi di altre regioni. Quindi parole che sono prese dalle lingue che erano parlate nella zona romana oppure nella zona della Liguria, Lombardia, eccetera eccetera.

Ultima domanda: è utile studiare latino a scuola?

In molti licei, in molte scuole superiori, il latino è materia curricolare. Noi studiamo latino per 3 anni, 5 anni, dipende, all’università, eccetera. In molti si sono fatti questa domanda e si chiedono: è importante studiare il latino a scuola?
Negli ultimi anni è uscito un libro di Nicola Gardini che si chiama Viva il latino –  Storia e bellezza di una lingua inutile. Nicola Gardini è insegnante di letteratura italiana a Oxford e in riferimento al latino, in particolare, dice che il latino è lo strumento espressivo che serve a farci quello che siamo. Che cosa significa? in primo luogo significa che tramite il latino noi possiamo capire il presente. Il presente, che è un epoca figlia di un passato; possiamo capire le nostre origini e possiamo conoscere le nostre radici.
La tradizione occidentale, quindi la tradizione italiana in particolar modo, ma in generale la tradizione occidentale, ha le sue radici nella cultura greca, principalmente in quella romana e in quella cristiana. La filosofia, il ragionamento, il gusto della bellezza, sono arrivate molto spesso dai greci e diritto, il senso dello Stato eccetera, invece, arrivano dai Romani.
Il cristianesimo ha poi introdotto una nuova concezione di persona, civiltà, valori, eccetera. Quindi, studiare la civiltà, la letteratura, la lingua latina significa conoscere le proprie radici. È un po’ come conoscere i propri genitori.
In secondo luogo, sapere il latino permette non solo di conoscere la nostra storia, ma anche di riuscire a leggere i grandi autori del passato. Ci sono molte grandi opere che appartengono al passato e sono scritte in latino: pensiamo a Virgilio, Orazio, Seneca, Cicerone per citare solo qualche nome illustre, qualche nome famoso della letteratura latina. Conoscere il latino ci permette in maniera metaforica di incontrare i grandi del passato, le grandi menti del passato e di confrontarsi con loro. Lo stesso Machiavelli scrive questo in una lettera che invia nel 1513 a Francesco Vettori.

Bene, ho cercato di rispondere alle 3 domande più comuni relative al latino. Spero di essere stata chiara e vi lascio con un proverbio, questa volta in latino: è un proverbio di Seneca, che considero scrittore molto interessante e sempre molto pieno di consigli, ricco di consigli. E il motto latino è questo: vita, si uti scias, longa est. E il significato è: la vita, se sai usarla, è lunga. 

Se avete altre domande rimango a disposizione. Per questa settimana vi saluto e vi auguro una buona settimana.

Ciao ciao

Link utili e fonti:

03_La lettura

Which are the benefits of reading while we are learning a language? Can I read even if my Italian is not advanced? Of course YES! Listen to today’s podcast and discover with me 5 tips to enjoy reading and literature in Italian.

Trascrizione:

Ciao a tutti! Io sono Linda Riolo di Speak Italiano e vi do il benvenuto al nostro appuntamento settimanale con la letterature e la cultura italiane.

Il tema di oggi è: la lettura. Oggi voglio parlare di lettura. E inizio con un’immagine: immaginate un iceberg, ok? Quindi 80% dell’iceberg di solito è sotto l’acqua e 20% è in superficie. Ora, immaginate voi stessi e il vostro apprendimento delle lingue.

Un professore canadese, un po’ di anni fa, il professor Jim Cummins, ha ideato questa metafora: quindi, dell’apprendente, della persona che sta imparando le lingue e l’iceberg. Ora, molta della vostra conoscenza può essere sott’acqua: nel senso che forse voi riuscite a capire molte cose della lingua, riuscite a comprendere il contesto, riuscite a seguire un discorso tra madrelingua, ma non riuscite ancora a parlare. Oppure viceversa: riuscite a capire bene il linguaggio parlato e non riuscite a scrivere oppure a leggere letteratura.
Bene, questo non significa che voi non conosciate la lingua che state studiando, in questo caso la lingua italiana. Dovete capire che tutte queste abilità che voi state accumulando con lo studio, con la lettura, con l’ascolto, sono input molto importanti: sono input positivi.  Questi input che stanno sotto l’acqua e che serviranno in futuro a rendervi più fluenti, più naturali e più sicuri anche delle vostre capacità. Quindi, questa teoria dell’iceberg è molto positiva, è un’immagine secondo me è molto bella e possiamo pensare a questo quando ci sentiamo un po’ scoraggiati, un po’ frustrati per le nostre conoscenze linguistiche. Succede anche a me con l’inglese ad esempio, oppure con il portoghese che sto imparando: a volte mi sento di non sapere abbastanza la lingua, di non poter interagire con i madrelingua. In realtà è molto bello pensare che ci sono tutte delle abilità, una grande conoscenza, che noi abbiamo sviluppato, abbiamo accumulato e che rimane sotto l’acqua: è solo una questione di tempo per farla emergere e per iniziare ad usare queste abilità che noi stiamo immagazzinando, che stiamo accumulando.

Voglio parlare della lettura in 5 punti. Quindi, oggi vi darò alcuni consigli per sviluppare l’abilità della lettura e anche alcune curiosità.

Punto 1

Molte persone pensano che per riuscire a leggere un romanzo, quindi per riuscire a leggere, ci vogliano abilità linguistiche molto elevate, molto avanzate. Quindi molte persone che stanno studiando una lingua, ad esempio anche molte persone che studiano l’italiano, si avvicinano alla lettura e alla letteratura abbastanza tardi perché pensano che, per leggere un libro e quindi per divertirsi con la lettura, sia necessaria una conoscenza avanzata della lingua. Questo in realtà non è vero: pensate che per leggere un libro, di solito, in media ci vuole una conoscenza di 300 parole, che sono ripetute spesso nei testi. Quindi questo non è vero: non è vero che per iniziare a leggere dobbiamo avere un livello di italiano avanzato. Forse solo se vogliamo leggere filosofia, se vogliamo leggere saggi, storia, oppure materie molto specifiche. Per la maggior parte dei libri, direi l’80%, non è necessario questo. Dobbiamo, quando leggiamo, applicare una cosa che si chiama “lettura estensiva”, cioè una tecnica, ecco, che si chiama lettura estensiva. Cioè dobbiamo leggere senza cercare ogni parola sul dizionario: va bene tenere il dizionario per sicurezza vicino, ma questo deve servire solo per emergenza. Cioè, se davvero non conoscete il significato di una parola, allora potete cercare sul dizionario. Ma solo se questa parola, ignota, questa parola che non conoscete, vi ferma nella vostra comprensione generale. In generale, noi possiamo capire il contesto, possiamo capire che cosa sta succedendo in una storia: non abbiamo bisogno del dizionario. Spesso è il nostro perfezionismo che ci fa cercare ogni singola parola.
Questo di solito genera frustrazione e dopo due pagine spesso abbandoniamo il libro. In realtà, con un input positivo e con un po’ di flessibilità personale, un po’ di leggerezza se vogliamo, possiamo benissimo leggere qualcosa in italiano anche se non abbiamo un livello molto avanzato. ll primo punto è questo: non servono abilità linguistiche avanzate per leggere qualcosa nella lingua che state studiando, in questo caso in italiano.

Punto 2

Ovvio che è preferibile un apprendimento graduale. Il punto numero 2 è: apprendimento graduale.  Non dimenticate infatti che una lettura, una cosa che leggiamo, deve essere piacevole. Noi possiamo avere tutta la pazienza del mondo, ma se cerchiamo di leggere un libro molto più avanzato rispetto al nostro livello, ovviamente non riusciremo ad arrivare fino alla fine. Durante la lettura potete segnare le parole che non conoscete, però è necessario che almeno riusciate a capire l’ 80% di quello che state leggendo. Quindi, potete fare una semplice prova per scegliere i libri: potete andare in libreria, aprire il libro, provare a leggere il primo paragrafo. Se su 10 parole ci sono 8 parole che non … che conoscete, scusate e una o due che non conoscete, allora va bene; anche 3 che non conoscete, ma se diventano, le parole che non conoscete, diventano di più, allora potrebbe essere un problema.

C’è un grande linguista che si chiama Krashen (Stephen): lui idealizza un’ipotesi che si chiama ipotesi dell’input. Cioè, lui dice che un modo per procedere, per progredire, per andare avanti nello studio di una lingua straniera, comporta un’esposizione a un input che non sia né troppo facile né troppo difficile. L’input, quindi lo stimolo che voi ricevete, deve essere comprensibile: cioè deve essere nella giusta posizione fra facile, troppo facile per voi, e troppo difficile. Infatti, si parla spesso di: più uno (+1). Cioè, voi dovreste scegliere materiali che vi portino a questo “più uno”, cioè una cosa non troppo facile, ma allo stesso tempo non troppo difficile. Non ci deve essere troppa frustrazione.

A volte vogliamo capire tutto quello che stiamo leggendo e quindi ci affidiamo molto al dizionario: in realtà è molto importante usare il proprio intuito, il proprio istinto. Se siamo in un paese straniero e non abbiamo a disposizione un dizionario, il nostro cervello ci può aiutare per riuscire a capire il contesto, riuscire a capire di che cosa si sta parlando. Quindi, il nostro cervello attiva l’intuito. Questo è molto importante anche quando leggiamo: dobbiamo usare la nostra intuizione. In questo modo la lettura può essere piacevole.

È anche molto utile, se riuscite, sottolineare le parole che non conoscete, mentre state leggendo e creare quelle che chiamiamo flashcards. Cioè, ci sono molte app, molti programmi digitali che possono aiutarvi in questo, però delle flashcard non sono nient’altro che delle carte, che possono essere manuali o digitali, in cui voi scrivete la definizione della parola che non conoscete. Potete scegliere se usare la vostra lingua o se scrivere la definizione nella lingua che state studiando, quindi in questo caso l’italiano e dall’altro lato la parola. Con questo mazzo di carte potete poi allenarvi a memorizzare le nuove parole che non conoscete, però questo in un secondo momento: durante la lettura è importante rilassarsi e divertirsi.

Punto 3

Il punto numero 3 è: leggere ad alta voce. Non per tutto il libro, ovviamente, però per migliorare la vostra pronuncia e le vostre abilità di lettura è un buon consiglio quello di leggere in alcuni punti ad alta voce. Cioè non nella vostra mente ma usando la vostra voce. Questo serve sia per la vostra pronuncia, sia per la vostra bocca, per imparare ad articolare le parole che pronunciate. Perché ovviamente in italiano si fanno movimenti diversi da quelli che facciamo quando parliamo inglese o altre lingue. Se avete un dubbio su qualche parola, potete anche cercare su internet la pronuncia corretta. Ci sono molti siti web che oggi fanno, mostrano, fanno sentire la pronuncia corretta delle parole. Una cosa molto importante, mentre leggete, e potete fare questo esercizio anche mentre leggete a voce alta, è identificare le parole chiavi o le frasi chiavi. Quindi le parole che sono importanti per dare un significato a quello che state leggendo.

Punto 4

Il consiglio numero 4 è quello di iniziare dai racconti, le storie brevi, storie corte. Perché? Ovviamente se voi scegliete un grande romanzo come prima lettura è più difficile arrivare fino alla fine. Quindi è più difficile trovare questa soddisfazione e la spinta che vi porta a continuare a leggere. Di solito, infatti, è meglio iniziare da qualcosa di più breve, di più corto: ci sono molte storie corte su internet. Oppure potete cercare qualche sito web dedicato a scrittori contemporanei. Ovvio che se scegliete romanzi come il Signore degli Anelli che è 1500 pagine o più, sarà molto difficile per voi arrivare a una grande soddisfazione in poco tempo.

Collegate la vostra lettura alla scrittura, perché spesso c’è il rischio di imparare bene a leggere però dimenticare altre abilità come possono essere il parlato, parlare o la scrittura. Se potete e se avete tempo, se volete, provate a scrivere dei piccoli pensieri mentre leggete. Questi piccoli pensieri possono essere nel libro, vicino alle parole, oppure, per i puristi, per le persone che non vogliono assolutamente sporcare i libri potete prendere un piccolo notepad, un piccolo quaderno di appunti per scrivere i vostri pensieri. In questo modo potete praticare sia la lettura che la scrittura insieme, senza dimenticare una delle due. Una cosa molto molto utile e consigliata sono gli audiolibri.
Perché? Perché è molto importante, soprattutto se non siete parlanti avanzati, quindi soprattutto se il vostro livello è ancora, siete agli inizi con lo studio dell’italiano: è importante ascoltare. Ci sono oggi sul mercato molte molte opzioni di libri che hanno anche un CD, oppure un mp3, che potete ascoltare mentre leggete. Questo non solo è importante per la vostra pronuncia ma è anche importante per la vostra memoria: molte parole infatti ritornano nei testi che leggiamo. Quando inizierete a leggere vedrete che molte molte parole sono ripetute: se oltre a leggere queste parole ascoltate anche il suono, sicuramente la vostra memoria riuscirà a immagazzinare tutte queste nuove parole più facilmente.

Punto 5

L’ultimo consiglio è: dedicate tempo giornaliero alla lettura o all’ascolto, se avete un audiolibro. Perché? Spesso pensiamo che per imparare l’italiano è necessario solo avere una lezione a settimana di un’ora, oppure due lezioni da mezz’ora, un’ora e mezza, eccetera. In realtà, è molto più produttivo dedicare spazio all’italiano tutti i giorni; non deve essere per tanto tempo, bastano anche 5-10 minuti, ma è importante creare intorno a noi una situazione immersiva. Cioè: rendere l’italiano parte della nostra vita, non un passatempo, non un hobby, ma qualcosa che invece possiamo usare come parte della nostra vita, per imparare qualcosa.

Attenzione, perché l’ascolto passivo non vale: cioè molte persone pensano che solo lasciando la televisione accesa, oppure la musica, oppure un audiolibro mentre facciamo altre cose possa aiutarci a imparare l’italiano. In realtà, serve un immersione concentrata: cioè dovete concentrarvi su quello che state facendo e ovviamente il materiale che ascoltate deve essere al vostro livello. Spesso molte persone cercano di imparare l’italiano con i film: i film italiani possono essere molto complessi perché in Italia abbiamo molti dialetti, abbiamo molte differenze geografiche e regionali e usiamo molte parole colloquiali, quindi parole che sono molto legate all’area dov’è ambientato il film. Se studiate l’italiano da poco, oppure se non avete un livello molto avanzato, non è molto utile guardare film e cercare di imparare l’italiano con i film. È più utile invece trovare un libro, dei vostri, che è simile ai vostri interessi con l’audio, quindi un audiolibro e concentrarvi su questo libro 10-15 minuti al giorno. Vi piace fare qualcosa di particolare? Provate ad ascoltare in italiano su un argomento che vi piace, oppure imparare qualcosa: ricette, giardinaggio, sport, viaggi, qualsiasi cosa che può essere interessante per voi.

Bene! Anche per questa settimana abbiamo finito. Io vi ringrazio e vi saluto e ci vediamo la settimana prossima. Buona settimana. Ciao ciao

Link Utili:

02_Evoluzione della lingua

Today we will continue this journey (in Italian) into the evolution of the Italian language that we started last week. We will talk about Galileo Galilei and its fundamental role in promoting and creating a vulgar but scientific language. Look at the knowledge that we have today and imagine a world where technical and scientific knowledge belongs to an elite of intellectuals. Galileo was part of this world and started an important internal revolution.

We will talk about Alessandro Manzoni and Risorgimento. The idea of the Italian Nation boosted the willing of a common language. Manzoni was one of the protagonists of this movement. He contributed to the creation of a common and contemporary language. Finally, we will get a look to the last and most contemporary steps of this evolution: nation, newspapers, radio, tv.

Buon ascolto!

 

Trascrizione:

Ben ritrovati! Oggi continuiamo la storia della lingua italiana che abbiamo iniziato la settimana scorsa: è una storia molto lunga e ovviamente non ho parlato di tutti i dettagli, però stiamo percorrendo a grandi linee i punti fondamentali di questo percorso.

La settimana scorsa ci siamo fermati al 1600, voglio un attimo ritornare a questo momento. Perché? Il 1600 è stato un momento importante, in particolare è stato un momento importante anche per la letteratura scientifica. Forse molti di voi hanno sentito già parlare di un uomo che ha rivoluzionato la storia della scienza moderna e che si chiama Galileo Galilei. Bene, Galileo Galilei nel 1632 pubblica il suo capolavoro che si chiama “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Ora, perché quest’opera è così importante? Perché Galileo decide di scrivere quest’opera in volgare.

Nel mondo moderno ci siamo abituati ad avere accesso alla scienza e quindi tutti possiamo arrivare ad avere informazioni, ad esempio, sul mondo, sulla terra, sullo spazio, informazioni di fisica e di matematica. Nel 1600 non era così: la scienza era di proprietà degli intellettuali; in particolare, la scienza in Italia era divulgata in latino. Era quindi impossibile per una persona umile o per una persona che non era un intellettuale riuscire a sapere delle cose del mondo.

Galileo cambia questo: con la sua scelta di scrivere in volgare, lui amplia, lui ingrandisce, lui rende l’informazione aperta a tutti e fa questo per riuscire a diffondere queste informazioni scientifiche. Anche perché voleva in qualche modo creare un vocabolario, creare un linguaggio comune agli scienziati, quindi voleva un po’ staccarsi dal latino. Per fare questo lui crea un linguaggio semplice, in volgare, ma cerca di semplificare alcune costruzioni che erano un po’ complesse. Questo per rendere la logica, per rendere il suo linguaggio più accessibile, appunto più semplice. Il successo di questa prima opera di Galileo è enorme e quest’opera riesce davvero a raggiungere molte persone. Probabilmente è anche questo il motivo per cui successivamente Galileo è accusato dalla Chiesa. Il fatto di aver scritto la sua opera non in latino ma in volgare sicuramente ha contribuito alle accuse che sono state poi rivolte a Galileo da parte della Chiesa.

Ok quindi poi che cosa succede? A partire dal XVI secolo, quindi dal 1500, abbiamo detto che l’Italia aveva un unico modello per la lingua scritta ma la lingua parlata è ancora per molti secoli regionale. Molte persone scrivono in un modo, gli intellettuali scrivono in un modo, e parlano a casa in un altro. Questa cosa cambia nel 1800. Perché? Perché inizia un grande movimento nazionale. Gli italiani iniziano ad avere consapevolezza del proprio Paese: iniziano a volere una lingua unitaria. Perché? Perché in una prospettiva nazionale questa lingua doveva superare le differenze regionali e creare finalmente quello che era il popolo italiano: inizia il movimento del Risorgimento italiano. Non so se avete mai sentito parlare di questo movimento ma sicuramente avete sentito parlare di Garibaldi o di Camillo Benso Conte di Cavour: loro sono stati solo alcuni dei personaggi importanti per questa unione nazionale che è iniziata nel 1800 ed è arrivata all’Unione d’Italia nel 1861. L’unione d’Italia arriva finalmente nel 1861 dopo lotte, dopo diplomazia, ecc.  

Però, dobbiamo comunque analizzare un dato importante: Unione d’Italia non significa ancora unione linguistica. Perché? Perché nel 1861 solo il 2,5% della popolazione italiana comunica in italiano ,solo il 10% capisce la lingua: quindi l’italiano non è la lingua quotidiana della maggior parte delle persone. Pensate che il 90% della popolazione continua a parlare lingue locali e dialetti. Inoltre, c’era un altissimo indice di analfabetismo quindi persone che non sapevano leggere e non sapevano scrivere. Cosa succede? Molti intellettuali dell’epoca, parleremo adesso di un personaggio molto importante Alessandro Manzoni, capiscono che l’italiano scritto è molto antico, molto arcaico ed è molto distante dal mondo moderno e continuano quindi quel dibattito sulla lingua italiana che è iniziato nel 1300 ed è arrivato fino al 1800.

Quale lingua usare?Come creare una lingua italiana unica per tutti? L’Italia è fondata, l’Italia è stata fondata, ma come creare un modo per le persone di parlare l’una con l’altra; come unire veramente il popolo italiano?

Bene, una persona sicuramente rilevante è appunto Alessandro Manzoni che nasce nel 1785 e muore nel 1873. Se avete qualche amico italiano potete chiedere che cosa pensi dei Promessi Sposi. Ricordo, infatti, che a scuola era sempre un po’ una fatica per noi leggere questo grande romanzo, I promessi sposi, solo oggi però capisco quanto sia stato importante. Perché? Perché I Promessi Sposi, quest’opera di Manzoni, è stata davvero il punto di svolta cioè l’avvicinamento tra italiano scritto e lingua parlata.

Questo romanzo, I promessi sposi, contribuisce al movimento verso la creazione di un’Italia linguisticamente unita. I Promessi Sposi sono il primo grande passo del 1800 per riuscire a unificare un popolo che era unito a livello di istituzione, unito politicamente, ma non ancora unito culturalmente. Come creare la lingua di Manzoni? Prima di tutto dovete considerare che Manzoni, Alessandro Manzoni è nato a Milano: nella sua quotidianità lui parla l’italiano di Milano che è diverso da quello fiorentino.

Dovete anche considerare che i Promessi Sposi è stato rivisto e riscritto tre volte. Perché? Manzoni capisce che per raggiungere l’obiettivo comune si deve scegliere uno dei dialetti italiani e promuoverlo per la popolazione come lingua unica.

Quale lingua? Anche lui decide di avvicinarsi al Fiorentino: non il fiorentino antico però, ma il fiorentino moderno quindi il fiorentino parlato dalle classi colte, dalle classi intellettuali. Quindi Manzoni si avvicina questa lingua e inizia a teorizzarla inizia a semplificarla. L’uso di questo linguaggio semplice e semplificato e soprattutto la scrittura di questo romanzo segna un momento importante per intere generazioni di italiani che iniziano ad usare questa lingua non solo per lo scritto, ma anche come riferimento almeno nel vocabolario per l’orale.

Voglio leggervi l’incipit di questo romanzo perché è una frase che tutti noi italiani conosciamo, è un paragrafo, insomma, che noi tutti italiani conosciamo e voglio farvi vedere quanto la lingua di Manzoni che quindi è del 1800, 200 anni fa quasi, sia molto simile alla lingua che oggi noi usiamo.
Anche qui, non preoccupatevi se non capite tutto, provate ad ascoltare il suono e a riconoscere le parole che non sono più contemporanee. Vedrete che non ci sono molte parole non contemporanee, tutte le parole di questo paragrafo possono essere comprese da chi conosce la lingua italiana.

Questo è l’inizio del romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi Sposi:

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume”

Manzoni qui sta parlando del lago di Como, è l’inizio del nostro romanzo e descrive in un modo molto bello, in un modo molto pittoresco, la forma del lago di Como.

Bene, ovviamente non è solo questo romanzo che poi ha creato l’italiano standard che parliamo oggi: il processo è stato molto più lungo. Ovviamente un romanzo non può completamente cambiare la storia di una lingua. Quali sono stati gli altri fattori unificanti, quindi quali sono state le altre iniziative, gli altri avvenimenti storici che hanno portato alla nascita, alla creazione non alla nascita di questo italiano che oggi io parlo.

  • Beh come potete immaginare abbiamo avuto l’esercito, quindi l’esercito Nazionale: lo spostamento di ragazzi da Nord a Sud, da Est a Ovest, durante la prima e la seconda guerra mondiale, ha portato alla creazione di una lingua comune a tutti, quindi alla necessità di comunicare.
  • Poi, stessa cosa l‘industrializzazione e l’urbanizzazione quindi soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale molte persone sono emigrate: alcune verso l’estero, altre dal Sud al Nord principalmente e questo ha portato all’esigenza di una lingua comune per tutti.
  • Un altro elemento che è un po’ odiato dagli italiani, ma che comunque ha contribuito alla creazione di questa lingua è la burocrazia, quindi la creazione di documenti comuni a tutti che potessero essere standard in tutta Italia.
  • Più avanti la diffusione dei giornali: i giornali per riuscire a raggiungere un pubblico più grande devono semplificare il linguaggio, creare una forma di scrittura accessibile a tutti.
  • Infine, una cosa molto molto importante è stata l’istruzione obbligatoria: l’obbligo dal 1859 di andare a scuola.
  • Dopo la forma scritta, più avanti negli anni 50, nascono le radio, il cinema e la televisione. La televisione in particolare ha un ruolo fondamentale nell’integrazione definitiva e linguistica del nostro paese.

Per finire, dobbiamo aprire una piccola parentesi sulle minoranze linguistiche; non dobbiamo pensare infatti che oggi in Italia parliamo solo italiano standard: i dialetti continuano a esistere così come alcune lingue indipendenti.
Appunto, voglio proprio farvi alcuni esempi di queste minoranze linguistiche, queste lingue indipendenti che forse non conoscete. Le minoranze storiche oggi presenti in Italia sono ad esempio:

  • il francese che è parlato in alcune zone di Piemonte e Val d’Aosta
  • il provenzale o occitano che è parlato In alcune zone di Piemonte, Liguria, in un comune della Calabria (quindi molto molto a Sud).
  • il francoprovenzale in Val d’Aosta e in due comuni in Puglia
  • il tedesco in Alto Adige e altre zone alpine
  • poi abbiamo altre lingue in Trentino: una lingua che si chiama cimbrico, in Veneto
  • abbiamo il ladino: una lingua parlata in Veneto e Trentino Alto Adige
  • il Friulano in Friuli
  • lo sloveno in alcune zone del Friuli Venezia Giulia che confinano appunto con la Slovenia
  • il serbo-croato in alcune zone di Abruzzo e Molise
  • addirittura il greco: ci sono alcune zone della Puglia e della Calabria che parlano greco
  • e l’albanese che è parlato in alcuni comuni di Molise Campania Puglia Basilicata Calabria e Sicilia
  • infine in Sardegna abbiamo il sardo che è considerato appunto una lingua a sè perché è distante dall’italiano
  • e il catalano che è parlato nel Comune di Alghero sempre in Sardegna.

Bene, anche per oggi abbiamo finito. Sono curiosa di sapere se esistono minoranze linguistiche nei vostri paesi, quali sono, vengono protette? vengono parlate? E ora terminiamo con il proverbio della settimana che è questo: Chi dorme non piglia pesci, che significa: Chi dorme non prende pesci. Come forse sapete, la pesca è un’attività che viene svolta prevalentemente di mattina presto e quindi come i nostri nonni saggiamente dicevano: se una persona dorme troppo, nella vita,non può pescare i pesci. Questo può essere applicato in generale con altri impegni della nostra vita. Vi saluto per questa settimana, grazie mille per l’ascolto; sono sempre disponibile a ricevere i vostri feedback e commenti e vi auguro una buonissima settimana.

Ciao ciao grazie.

 

01_Le origini

In this first podcast, I want to talk about the Italian language and its origins. Imagine a country divided for centuries: many lords and powers, many languages and no possibility to communicate between regions. Then, imagine the desire to create a language able to unify the whole peninsula. This was a strong desire in Dante’s times and was not solved until the beginning of 1900. But if Italy was divided into many different minor languages, which could be the language able to fulfill this purpose?

For centuries, Latin was the language of the literature, a language for rich and educated people. Daily communication used languages and dialects coming from Latin and called “vulgar”. Dante, Petrarca, and Boccaccio in 1300 started using this language of the poor for their masterpieces and elevated the dialect of Florence to a language that will evolve into contemporary Italian. But the story doesn’t end here. Follow me on this journey into the history of Italian language and practice your listening with me!

Trascrizione

Buongiorno a tutti, buon martedì e ben ritrovati al nostro podcast settimanale dedicato alla letteratura italiana.

Oggi voglio parlare un po’ delle origini della lingua italiana. È una storia lunga, ma cercherò di essere breve e sintetica.

Allora…

L’italiano di oggi ha ancora, in parte, la stessa grammatica e usa ancora lo stesso lessico dell’italiano fiorentino letterario del Trecento. Fiorentino significa l’italiano che era parlato nella città di Firenze.

In Italia oggi, come molti di voi sanno, ci sono molti dialetti, molto diversi fra loro e che arrivano dal latino. Ci sono anche alcune lingue indipendenti come il sardo e altri dialetti che non arrivano dal latino. Ma com’era la situazione dell’Italia prima? Qual era la situazione ad esempio nel 1000 dopo Cristo oppure ai tempi di Dante? Oggi voglio percorrere brevemente con voi la storia della lingua italiana e mostrarvi come siamo arrivati alla lingua di oggi che chiamiamo italiano standard.

Molti anni fa l’Europa era una confusione di innumerevoli dialetti, c’erano molte lingue diverse che derivavano dal latino. Poco a poco durante i secoli questi dialetti si sono trasformati in alcune lingue diverse, distinte come ad esempio il francese, il portoghese, lo spagnolo e l’italiano. Quello che però è successo in Francia o in Spagna o in Portogallo è un evoluzione che possiamo definire organica: cioè il dialetto della città più importante si è trasformato a poco a poco nella lingua ufficiale di tutta la regione. In Italia questo processo è stato un po’ differente. Una differenza importante è che per molto tempo l’Italia non è stata un paese unito. L’Italia, infatti, è stata unificata solo molto tardi, nel 1861. Fino a quel momento era una penisola di città stato in guerra fra loro e dominate da prìncipi a volte orgogliosi oppure da altre potenze europee.

Parte dell’Italia apparteneva alla Francia, parte alla Spagna, una parte alla Chiesa e alla fine una parte a chi riusciva a conquistare la fortezza, il castello o il palazzo locale. I poteri cambiavano veramente, non era un regno stabile.

Tutta questa divisione interna presente in Italia significa quindi che il nostro paese è stato unificato poco a poco e la stessa cosa è successa con la lingua italiana. Il latino, in particolare, era la lingua della cultura e della letteratura mentre il “volgare”, così chiamato, quindi la lingua del popolo (dalla parola “volgo”), era usata in contesti pratici di vita quotidiana (come i registri o ad esempio le ricevute commerciali).

Proprio per questi motivi, per queste divisioni interne, non dobbiamo stupirci se durante i secoli gli italiani abbiano parlato e scritto con dialetti locali incomprensibili da chi era di un’altra regione. In questo modo, se vogliamo fare un esempio, persone che vivevano in Piemonte, come me, non potevano capire persone che per esempio provenivano da altre regioni come il Veneto o in particolar modo, le regioni del Sud.

Il latino a quel tempo era la lingua d’uso internazionale, cioè era usato nelle scritture e nei discorsi ufficiali. Questo latino era definito da Dante come “grammatica”: quindi Dante pensa a quel tempo che la lingua convenzionale e la lingua perfetta, anche se artificiale, era appunto il latino. Tuttavia, c’era un dibattito aperto: il dibattito sul volgare d’Italia, questa “lingua volgare” e quindi il dibattito anche che si chiedeva quale dovesse essere la lingua ufficiale, il volgare “illustre”. Quindi tutti questi scrittori nel 1200/1300 già pensavano all’idea di una lingua ufficiale, una lingua per tutta Italia. Una lingua che ancora però non esisteva. Anche se c’è stato, c’era l’opera della Scuola Poetica Siciliana, così chiamata, che aveva in qualche modo pubblicato letteratura in volgare e quindi aveva iniziato il processo per far diventare questo volgare adeguato anche all’uso scritto. Quindi per sostituire piano piano in latino.

Dobbiamo parlare un po’ di Dante, ma state tranquilli perché cerco di essere breve.

Dante è considerato da molti il padre della lingua italiana. Perché? Quando lui pubblica la sua Divina Commedia nel 1321, Dante sciocca un po’ il mondo letterario. Perché?

La prima grande opera della normazione del volgare, cioè che tenta, che cerca di costruire delle regole per questa nuova lingua è appunto l’opera di Dante che teorizza nei primi anni del 1300 in un’opera che si chiama il De Vulgari Eloquentia. Lui teorizza la creazione di questa nuova lingua: lui quindi riconosce la varietà delle lingue d’Italia e compie, inizia a svolgere, un’opera di limatura quindi un’opera per creare questa lingua: per far diventare questa lingua lo strumento migliore per comunicare. Quindi Dante, in questo periodo, non accetta il latino come lingua per le sue opere, ma va per le strade e cerca la vera lingua fiorentina: vera lingua parlata dagli abitanti della città. La stessa cosa viene poi fatta da due poeti e scrittori importanti che vivono leggermente dopo Dante, quindi sono quasi contemporanei, e sono Boccaccio e Petrarca. Dante, Petrarca e Boccaccio, chiamati Le Tre Corone, iniziano un lavoro di creazione, insomma, un lavoro di elaborazione di questa nuova lingua. A causa loro, grazie a loro, il fiorentino inizia a diventare un modello di riferimento per tutta Italia.

Dante usa questa lingua, chiamata volgare, per raccontare la sua storia: quella anche della Divina Commedia.

Dopo di lui, questa causa viene un attimo dimenticata fino al 1500Nel 1500 alcuni intellettuali italiani iniziano a organizzarsi e decidono che questa mancanza di una lingua ufficiale e questa predominanza ancora del latino per la letteratura sia una cosa assurda. Secondo questi intellettuali, l’Italia ha bisogno di una lingua italiana, almeno in forma scritta che fosse però comune a tutti. Quindi questo gruppo di intellettuali fa una cosa inedita nella storia d’Europa: sceglie un dialetto, quello ritenuto da loro come più bello, e lo battezza italiano.

Come trovare questo dialetto più bello? Come definire la bellezza? Questi intellettuali devono appunto andare indietro di 200 anni, fino alla Firenze del quattordicesimo secolo. Questo gruppo decide di considerare lingua italiana corretta la lingua usata dal grande poeta Fiorentino Dante Alighieri nel 1300 e da altri due autori quasi contemporanei, appunto, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.

Ora immaginate questa scena: un gruppo di intellettuali si riunisce molto tempo dopo rispetto all’epoca di Dante e decide che l’italiano di Dante sarebbe, a partire da quel momento, la lingua ufficiale dell’Italia. È più o meno come se un gruppo di accademici di Oxford si fosse riunito un giorno nel secolo XIX e avesse deciso che, da quel momento, tutto il mondo in Inghilterra avrebbe dovuto parlare la lingua di Shakespeare. Questa manovra, questa mossa, in Italia funziona veramente.

L’italiano che parliamo oggi, quindi, non è romano o veneziano (anche se queste città sono state città molto forti dal punto di vista militare e commerciale) ma è Fiorentino, la lingua di Firenze. La lingua ha la sua origine da quella stessa lingua che Dante usa nelle sue opere.

Oggi per un italiano non è così facile leggere Dante: a scuola infatti dovevamo tradurre e parafrasare la Divina Commedia prima di capire il contenuto interamente. Molte parole però sono comuni e in molte parti del libro è ancora possibile per un italiano capire il contenuto.  Ovviamente, la lingua è cambiata nel corso dei secoli, ogni lingua cambia.

Come esperimento, per farvi sentire questa lingua del 1300, voglio leggere qui, adesso, le prime due strofe della Divina Commedia del Canto I dell’Inferno. Voi ascoltate il suono e provate a vedere se riuscite a capire qualche parola. Non importa se non riuscite a capire bene il contenuto, provate solo a concentrarvi sul suono. Ok? Andiamo:

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

Bene, ora possiamo tornare alla nostra storia. Abbiamo capito che la lingua italiana ha una forte connessione con la lingua di Dante. Ma la storia non finisce certo qui. In quale modo questa lingua è diventata lingua nazionale? E quanto è diverso l’italiano contemporaneo dall’italiano di Dante?

Dobbiamo parlare e fermarci un po’ sul 1500. Dante, Boccaccio e Petrarca nel 1300 sono sicuramente stati i padri della rivoluzione linguistica. Dopo di loro, però, gli scrittori sono tornati al latino. Per un secolo la lingua è addormentata e solo alla fine del 1500 ricominciano gli studi che parlano di una lingua nazionale. Proprio nel 1500, quindi,  la questione linguistica diventa uno studio fondamentale.

Però non è semplice: ci sono varie teorie. Ci sono persone che sostengono l’importanza di tornare al Fiorentino del 1300 e altri che invece vogliono una lingua più moderna. Fra questi, un intellettuale nel 1500 che parla della lingua italiana e in particolare della lingua parlata fiorentina è Niccolò Machiavelli. Lui scrive un libro chiamato: “Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua”. Machiavelli apparteneva al gruppo che sosteneva il “modello Fiorentino”, la lingua di Firenze. Machiavelli però difendeva il fiorentino contemporaneo e non quello di Dante. Un altro gruppo, invece, è guidato da Pietro Bembo: un altro intellettuale del tempo che scrive un libro chiamato “Prose della volgar lingua”. Lui in questo scritto propone come lingua il toscano del 1300: secondo lui la lingua letteraria per eccellenza, quindi la lingua letteraria pura.

Bembo scrive una vera e propria Grammatica del Toscano letterario: questa grammatica però si basa appunto sulla lingua parlata dai grandi autori del Trecento: Dante, ma soprattutto Boccaccio e Petrarca. Dante un po’ meno: perché? Perché Dante nella sua opera non usa solo l’italiano alto, l’italiano elevato ma usa anche molti termini appartenenti al linguaggio un po’ più basso, un po’ più volgare. Quindi Bembo decide di basarsi soprattutto sulle opere di Boccaccio e Petrarca.

Un’altra cosa importante che succede nel 1500 è la nascita dell’Accademia della Crusca: un organo accademico che si occupa di linguistica e nasce nel 1582. L’accademia della Crusca, quindi questo organo di linguisti crea per la prima volta un dizionario italiano e decide per la creazione di questo dizionario di basarsi sul l’idea appunto di Bembo, quindi sulla lingua dei letterati del 1300. Questo dizionario è stampato nel 1612 a Venezia. Fra gli scrittori del Cinquecento compaiono nel dizionario solo gli scrittori che hanno deciso di seguire appunto il modello di Bembo, come Ariosto, lo stesso Bembo, Della Casa e altri autori.

Un altro personaggio che vive fra 1500 e 1600 e che possiamo nominare è Galileo Galilei. Perché? Perché Galileo Galilei nei suoi scritti va verso la direzione della sua lingua materna: lui usa il volgare contemporaneo, la sua lingua, la lingua parlata di tutti i giorni. Quindi è importante perché Galileo, come scienziato, crea italiano della fisica e dell’astronomia. Sceglie di usare parole facili, semplici e trasparenti e non introduce nei suoi scritti parole troppo colte, troppo “strane” per una persona che viveva in quel periodo storico. Infatti, la lingua che il popolo parlava nel 1700 era molto diversa da quella che parlava Dante. C’era una grande differenza tra la scrittura, questo dizionario dell’Accademia della Crusca e invece la lingua della vita quotidiana, la lingua delle cose di tutti i giorni. Questa lingua di Bembo questa lingua dell’Accademia della Crusca era un po’ arcaica, era considerata un po’ antica.

Bene amici, questa storia sta diventando molto lunga, quindi per questa settimana mi fermo qui. Ricordatevi: siamo arrivati al 1500/1600. La settimana prossima dovremmo parlare ancora di un periodo importantissimo per la storia della lingua italiana che è il 1800. Ma per adesso vi lascio, vi ringrazio per aver ascoltato fino adesso e voglio anche, prima di finire, chiedervi alcuni suggerimenti.

Questi sono i miei primi podcast, sto sperimentando con questa nuova forma di comunicazione: quindi mi scuso per volume, alti, bassi eccetera eccetera. Spero che abbiate pazienza ma se avete particolari consigli per me, se volete che durante questo spazio settimanale io parli di argomenti particolari, vi prego di mandarmi un’email. Potete trovare il mio indirizzo e-mail sul mio sito web: sarò felice di leggere e rispondere a qualsiasi messaggio che riceverò.

Terminiamo infine con il proverbio di questa settimana. Ho scelto un proverbio con la rima: adoro proverbi con le rime. Il proverbio è questo: rosso di sera bel tempo si spera. Significa che se di sera il tramonto è bello rosso, senza nuvole, probabilmente domani sarà una bella giornata. Queste erano le credenze dei nostri nonni e forse funzionano ancora oggi! Quindi vi auguro una bellissima giornata, vi auguro un bellissimo weekend autunnale e ci sentiamo presto. Ciao ciao.

Introduzione e presentazioni

This podcast is for people who want to practice their listening and learn new things on Italian literature and cinema.

Trascrizione:

Buongiorno a tutti e benvenuti sul primo podcast di Speak italiano.

Io sono Linda e sono la persona che vi guiderà nei prossimi mesi alla scoperta, della letteratura del cinema e della cultura italiana. Due informazioni su di me: sono nata e vivo in Piemonte e sono laureata in letteratura italiana contemporanea. Ho vissuto a Dublino e sono tornata in Italia da un anno.

Amo leggere ascoltare storie, guardare film e scoprire cose nuove: per questo motivo voglio usare questo spazio per parlare di letteratura italiana, di cinema e di tutto quello che riguarda la cultura italiana del presente e del passato.  Con questo podcast voglio dare uno strumento di ascolto alle persone che stanno imparando l’italiano o che hanno studiato questa lingua e vogliono tenersi in esercizio con l’ascolto. Parlerò in italiano ma in modo chiaro è semplice.

Durante questo primo incontro voglio parlare dell’importanza delle storie e della letteratura per migliorare la nostra conoscenza delle lingue.  Prima di tutto raccontare storie è una cosa che gli esseri umani fanno dall’inizio dei secoli. Usiamo le storie giornalmente con la nostra famiglia con i nostri amici e anche con persone nuove.  Un piccolo dato, parliamo un po’ di numeri: l’enciclopedia Treccani, una delle più importanti enciclopedie della lingua italiana, stima che nella lingua italiana esistano più o meno 427 000 parole diverse. Di queste 427000, solo 6500 sono usate per il 98%  della nostra comunicazione giornaliera. Avete sentito bene! 6500 parole per il 98% della comunicazione italiana giornaliera. Se vogliamo andare oltre in questa analisi, Treccani afferma anche che 2000 parole sole sono considerate parte del nostro vocabolario di base. Questa è sicuramente una buona notizia per chi sta studiando l’italiano o per chi vuole riuscire a comunicare con i madrelingua.

Molte persone studiano l’italiano da tanti anni, forse hanno molti libri di grammatica a casa ma hanno paura ad avvicinarsi alla letteratura.  Forse non sanno che la letteratura italiana non è solo Dante ma ci sono tantissimi autori contemporanei che possono guidarci in un viaggio di scoperta. Le storie sono importanti perché con le storie riusciamo a vedere le parole in contesto e soprattutto siamo esposti a un processo di ripetizione naturale: la ripetizione è una parte fondamentale del processo di apprendimento. Ma attenzione: ripetizione non significa noia, non significa che dobbiamo passare ore sui libri di grammatica. Ripetizione può essere anche ascolto e le storie sono il modo migliore per creare nuove parole e aumentare il nostro vocabolario. Inoltre, con le storie possiamo immedesimarci e in questo modo far diventare il nostro processo di apprendimento più piacevole ed efficace.  Questa tecnica funziona con persone che hanno iniziato a studiare l’italiano da poco e soprattutto con persone che studiano da tempo e vogliono mantenere un contatto vivo e attivo con la lingua italiana. C’è un mare di risorse che possiamo esplorare insieme: storie, aneddoti, recensioni di libri o recensioni di film. Voglio usare questo spazio per fare proprio questo.

Vi invito quindi a seguirmi sui miei canali social Facebook e Instagram, e  iscrivervi alla mia newsletter e seguire questo spazio, per parlare insieme e per divertirci con la lingua italiana.

Adesso, momento della conclusione. Voglio concludere ogni puntata con un proverbio o una citazione. Per oggi, per questo primo episodio, ho scelto un proverbio che mi rappresenta molto e che parla della lentezza.  Viviamo in un mondo fatto di notizie che cambiano velocemente, cose che facciamo di fretta. Io penso che sia importante trovare dei momenti di pace e tranquillità per imparare con gusto e senza fretta. Imparare perché abbiamo piacere di farlo. ,Il proverbio di oggi è: chi va piano va sano e va lontano. Questo proverbio, che usiamo molto nella lingua italiana significa proprio che con la calma e la tranquillità possiamo raggiungere i nostri obiettivi.

Per la prima puntata è tutto. Se avete suggerimenti, se vi piacerebbe sentire riguardo a particolari argomenti, sono sempre aperta a proposte e consigli. Mandatemi un’email e sarò felice di rispondervi. Grazie mille per l’ascolto e ci sentiamo presto. Ciao ciao